1. LA TELA DEL RAGNO

    AvatarBy eilantia il 24 May 2015
     
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    LHAAR [ingresso biblioteca] E' giorno? E' notte? Non fa più differenza ormai, i portali del tempo sono stati risucchiati in una voragine dalla profondità abissale. Sono la presenza e l'assenza di luce a determinare l'arco di una giornata a Barrington, ma ora che la luce non esiste più, ora che è stata cancellata insieme alla sensazione del tepore mattutino scaturito dai primi raggi solari, la perenne notte dei dannati ha congelato il loro mondo facendo di ogni vicolo un buon posto per perdersi, di ogni anfratto un buon posto per morire, di ogni Caotico un infallibile assassino. Il nordico avanza verso la Biblioteca della cittadina sapendo che ivi troverà Discordia, la quale lo sta attendendo. Veste con un paio di pantaloni marroni di semplice fattura, stivali neri in pelle, sopra una camicia bianca a maniche lunghe. Alla cintola è legato un fodero che pende lungo il suo fianco sinistro, all'interno del quale riposa una spada lunga comune. Niente a che vedere con il gioiello di Morte che ha commissionato ai Maestri dei Mestieri, ci vorrà del tempo prima di poterla brandire: Caronte sarà il suo nome, perchè sarà colei che traghetterà le anime degli stolti nemici del Caos tra le fiamme dell'Inferno. Il fu Lhaar di Jeskaal ormai è molto vicino alla porta d'ingresso, avvicina lentamente la mano destra verso il pomello e dopo qualche istante la sospinge verso l'interno, emettendo un lungo e profondo sospiro quando avverte il cigolio dei cardini. Ancora una volta, in quel contenitore di grande conoscenza, verrà piantato il seme del dubbio e dell'incertezza.

    EILANTIA (salottino) I bracieri accesi, le torce fiammeggianti alle pareti. Come ogni giorno ed ogni notte. Come sempre, d'altronde. Non c'è più nulla che spezzi quell'eterno buio, e quel che sembrava un gioco, un trionfante successo dell'Oscurità ed i suoi Dei, comincia a diventare un fastidio. Perchè le sue rose non fioriscono, questa primavera, sua figlia cresce pallida come la luna ed orde di zombie sono alle porte. Quella è una seccatura, e presto sarà un problema uscire, per recarsi in biblioteca, senza che sua figlia diventi un aspirante bocconcino. Ce l'ha indosso, come sempre, la piccola Nemàin, assopita nel suo scialle di seta. Lei è invece avvolta in un abito di preziosa seta purpurea, la cui gonna gioca con trasparenze sovrapposte. Il bustino, stretto in vita, ha solo due lunghe maniche di organza impalpabile, che mostrano il turgore ed il pallore delle braccia, sotto la stoffa sottile. Indossa le gioie e reca con sè i suoi veleni, per quanto i nuovi pericoli ne siano immuni. Il crine è acconciato in elfica foggia e tempestato di piccoli rubini. E' apparentemente serena, con la sua bimba attaccata al petto con le manine. Fa caldo, con tutto quel fuoco acceso. Un caldo che a tratti vela la fronte di sudore. Per questo ha deciso di lasciare la zona dei divanetti più in penombra. Almeno ci si gode un po' di frescura.

    LHAAR [scaffali - salotto] Una volta entrato l'uomo richiude la porta alle sue spalle, con vigore decisamente eccessivo in modo che il rumore scaturito sia segnale inequivocabile del suo arrivo, diffondendo le sue frequenze ovunque. Poi inizia a guardarsi intorno, posa il suo sguardo gelido come i ghiacciai della sua terra natìa tra i primi scaffali e sul pavimento, ad alternanza, rimanendo al contempo con le orecchie tese in allerta. Studia, elabora, decide, agisce, un ciclo continuo sul quale si fonda tutta la sua esistenza: da buon osservatore cerca di cogliere ogni minimo particolare, anche una piccola traccia, che possa fargli intuire dove andare e come muoversi in quel piccolo grande labirinto fatto di legno massiccio, tomi e polvere. Ma Discordia è scaltra, una come lei si lascia trovare solo quando vuole esattamente che qualcuno giunga al suo cospetto. Il nordico fa comparire un sorriso sghembo, poi inizia a muovere il passo, con ritmo spedito e regolare, la cadenza è pesante, massiccia: è in grado di muoversi in silenzio ma è sempre stato così, il pericolo che si cela silente nell'ombra è imprevedibile, ma il pericolo che si palesa con irruenza può distruggere ancor prima di colpire, divorare l'auto-controllo della preda e indurla al primo passo falso. La direzione non è quella delle tante, numerosissime scaffalature, il suo incedere mira verso il salotto, quella stanza ove ritiene sia più probabile individuare la presenza dell'Apocalisse. Una volta raggiunta la sua meta arresta il passo. ''Mors'' secco e deciso, non serve aggiungere altro al momento.

    EILANTIA (scaffali) ''Mors in te, colui che non ha nome...'' Risponde di rimando, non manifestando neanche un piccolo soprassalto al suo arrivo, nonostante sia di spalle all'uomo. Poi si volta, suadente e maliziosa nel sorriso, per proseguire ''...ma d'altronde, a cosa occorre un nome? In Irlanda dicevano che se avevi la scaltrezza di farti dire il nome da un unseelie, potevi poi divenirne il padrone a vita. Potere. Offrire il proprio vero nome dà potere all'avversario. Nel dubbio...'' E lascia cadere così il discorso, avvicinandosi alla cassapanca dei liquori ''Oggi ho un cent'erbe fortissimo. Di quelli che scaldano il corpo e la mente. Non che faccia freddo, ma i vizi sono sempre piacevoli da coltivare'' Quante facce ha Discordia? Tante quanto un diamante. La madre amorevole lascia lo spazio alla seduttrice. Intanto Nemàin dorme, ignara dei movimenti sulla scacchiera. E' giusto che sia così. Versa due calici. Lei si concede del vino rosso. Allattando evita liquori troppo forti. Si sente scendere il nettare profumato nei bicchieri soffiati a bocca. Poi, coi goti nelle mani s'avvicina all'uomo ''Dimmi cosa sai sugli zombie'' Così. Su due piedi. Come se discorressero del tempo. Con quel bel sorriso sensuale che inarca le labbra carnose. Parliamo di non morti, suvvia. Ed i rubini nel crine nigreo, splendono come gocce di sangue nella notte.

    LHAAR [salotto] ''Oppure puoi concedere spontaneamente il tuo nome al tuo peggior nemico per poi distruggere la sua esistenza, in modo che quel nome riecheggi per sempre tra i meandri della sua memoria, ricordandogli chè è ancora vivo solo perchè qualcuno ha deciso di prolungare le sue sofferenze'' risponde inizialmente, iniziando a camminare lentamente verso Discordia, stavolta rendendo ogni passo leggero, delicato, esasperatamente lento com'è lento il tocco della Morte che accarezza la fronte di una creatura destinata all'Ade. La morte non ha fretta, non l'ha mai avuta. Non risponde al suo invito, Eilantia sa benissimo che lui non rifiuterà mai, si limita ad osservare i suoi gesti mentre riempie i calici. Poi continua ad avvicinarsi a lei, giungendo ad una distanza irrisoria dall'Apocalisse. Se lei glielo consentirà, il nordico proverà ad inclinare il capo verso il basso per poggiare le sue labbra contro la sua fronte, per un attimo brevissimo ma intenso: un gesto che nessuno hai mai visto attuare da un Adepto nei confronti di un'Apocalisse, non è sfacciataggine, ma oltre al colmare un divario gerarchico sembra al contempo risucchiare tutti quegli anni che li separano dal giorno in cui, proprio lui, la condusse verso il sentiero che porta al Caos. Poi rimane lì, senza badare ancora al suo cent'erbe, affondando i suoi occhi freddi, glaciali, in quelli scuri di lei. ''La prima volta, la mia prima volta nel Caos. Ho dovuto superare una prova al Bosco Oscuro, al mio fianco c'era un uomo di cui non ricordo più il nome, di certo so che fosse un mio superiore. Abbiamo dovuto affrontare dei non morti'' fa una piccola pausa, poi inizia a sorridere. Un folle, chiunque al suo posto farebbe riemergere un pizzico di timore, generato magari da ricordi non troppo felici. Lui era lì, ha rischiato di morire, eppure il sapore del sangue e il ricordo della puzza acre di quegli esseri putrefatti, piuttosto che renderlo cupo, stuzzicano in lui quell'adrenalina rimasta assopita per troppo tempo. ''Il terreno non ci consentiva di muoverci come volevamo, la visibilità era molto scarsa. So che non si fermano davanti a nulla, che non accusano stanchezza. E che spezzargli gli arti o trafiggere il loro ventre non serve a nulla, se non a rallentarli. La testa. Se arrivi alla loro testa puoi fermarli, ma dietro di loro ce n'è quasi sempre un altro pronto a mangiarti vivo''.

    EILANTIA (salotto) Lascia che le labbra gelide dell'uomo sfiorino la sua fronte. Lo conosce da sempre. Da prima che lui ne abbia ricordo. Ne ascolta le parole, con estrema attenzione. Non sorride più, adesso. E' solo pensierosa. Poi riprende a parlare. La voce è poco più d'un sussurro, vista la vicinanza ''Sono tornati. Presumibilmente orde. Sono fuori dalla città, ma non per molto. La notte eterna è stata un dono per loro. Non avevamo pensato a questo quando ha smesso di sorgere al sole. Un dono dell'Oscurità. Il trionfo del Caos...ma non a questo...'' Con la mancina stringe per un istante il fagottino che ha appeso, poi prosegue, roteando il nettare nel calice ''Non riusciamo a capire da dove giunga questa notte. E' stato domandato ai conoscitori...da quel che ne sò io anche ai maghi. Non c'è alcuna spiegazione, nè cura, in apparenza. Come dici tu, ne uccidi uno...e ne arriva un altro. Potremmo essere presto costretti a barricarci in casa. Inutile dirti le conseguenze che questo comporterebbe'' Si. Lei non è uno di quei maschi combattenti, tutti gasati nell'affrontare i mostri. Tipo Okthar, ad esempio. Lei è pratica. E gli zombie sono un problema ''Devo saperne di più. Della notte, intendo. Canali non ufficiali. Isola, se necessario. O isolani collaborativi. Gente al bancone della bettola. Forestieri. Mi serve un'ombra che si muova nell'Oscurità, e che prenda informazioni.'' Porta il goto alle labbra. Si bagnano di rosso, mentre lo sguardo nigreo lo fissa intensamente.

    LHAAR [salotto] All'improvviso l'uomo cambia espressione, i suoi occhi si perdono nel vuoto e tra i lineamenti del viso si può scorgere la presenza di un pizzico di stupore. Quando si sforza di ricordare ogni tentativo è vano, ma adesso si sta accorgendo che quando qualcuno genera degli argomenti che riescano a stuzzicare la sua labile memoria i ricordi riaffioriscono, parzialmente, ma è già un grande risultato. Non associa la figura di quell'uomo a Thirion, ha dimenticato i Troll, anche più temibili rispetto agli zombie, ma questi ultimi si: perchè quello in cui se la vide con loro, probabilmente, fu il momento in cui rischiò seriamente di lasciarci le penne. Si allontana per un attimo, raggiungendo il tavolino, quindi afferra il suo calice riempito di liquore e lo solleva. Poi torna a rivolgersi frontalmente rispetto a Discordia. ''Dipende dal loro numero, per come la vedo io... Gli spazi aperti danno più sicurezza perchè ci fanno credere di avere maggiori possibilità di fuga, ma sono una trappola. Perchè così come te, anche loro possono trovarsi ovunque, e di conseguenza attaccare da qualsiasi direzione, e nel peggiore dei casi puoi finire accerchiata. Questa città, con i suoi vicoli stretti, forse può permetterci di ridurre la loro incisività in numero, e soprattutto è piena di porte massicce. Ma dipende da quanti siano loro rispetto ai cittadini di Barrington, è altrettanto probabile che ogni edificio possa trasformarsi in una tomba, e Barrington in un grande cimitero''. Il nordico adesso inizia a sorseggiare il cent'erbe dal suo calice, il bruciore che quei primi sorsi generano all'interno della sua gola è piacevole ma lo costringe a lasciar trapelare una piccola smorfia. ''Sono nato per questo, quando uscirò da qui mi sarò già messo all'opera ancor prima che tu possa battere nuovamente ciglio, puoi starne certa'' risponde a Discordia, poi torna a bere il liquore dal calice.

    EILANTIA (salottino) Sorride all'uomo. E' un sorriso compiaciuto e sollevato al contempo. Finisce di sorseggiare il vino rosso e pone il goto tra loro, lasciando ondeggiare il nettare rubineo tra i due corpi ''Vedi questo vino? Ci ha messo decenni per acquisire queste sfumature sanguigne...questi profumi di bosco...questo retrogusto di vaniglia, che ricorda la botte ove ha riposato. Tu sei come lui. Decenni per temprarti. Per forgiare corpo e mente. Per lasciare che scrupoli e limiti fluissero via dalla tua testa. Avrai perso la memoria, e forse continuerà a tornare solo a tratti, ma sei e resti una perfetta macchina da combattimento ed un caotico eccelso. Anche questo vino avrà un nome. Un'origine. Un elfo che l'ha messo in botte, fregiandosene...ma io lo gusto in un calice senza alcuno stemma e lo assaporo...'' mormora ancor più suadente ''...in quanto squisito tra le mie labbra'' Come a suggellare le sue parole, riporta il goto alle labbra, schiudendole per un altro assaggio.

    Uno spiritello di passaggio si sofferma sulle forme-formose di Eilantia. ''FIU FIIIIIIIIIIIIIIIU'' fischietta la sua approvazione, inudibile è invisibile ai presenti, per poi abbandonare il luogo fluttuando lontano [GDR PLAY, BUON PROSIEGUO]

    LHAAR [salotto] ''Farò in modo che tale impressione oltrepassi il soffio leggero delle tue parole e si traduca in concretezza'' risponde all'Apocalisse, assumendo un'espressione fredda e impassibile, ma consentendole allo stesso tempo di cogliere una nuova luce nel suo sguardo: è determinazione, voglia di rimettersi in gioco. Termina il liquore sollevando per l'ultima volta il calice verso le proprie labbra, poi emette un flebile gemito con il quale spinge fuori un po' di quell'aria rovente generata dal cent'erbe. E mentre si accinge a poggiare il calice sulla superficie lignea del tavolino: ''Il mio nome è come una corda tesa tra le tue mani e le mie, seguendone la linea retta ti permette di arrivare a me. Ma tu sei una delle poche creature di questo mondo che può farne a meno, perchè hai sigillato un legame estraneo al mondo materiale. Siamo uniti da una fune invisibile agli occhi altrui, non la vedi ma sai che c'è, non la tocchi ma puoi seguirne l'andamento e trovarmi ovunque. Il mio nome da Cavaliere del Caos, per tutti voi, sarà come quella fune invisibile che tu già conosci, farà di me un pezzo della grande tela del ragno. Le nostre prede non la vedranno, ma voi saprete sempre chi sono, dove mi trovo e perchè sono ancora vivo'' si pronuncia mantenendo il tono di voce basso e penetrante. ''La nostra tela invade Barrington, mi muoverò nell'ombra e sarò paziente, prima o poi... L'idiota che ci serve passerà e ci darà le informazioni di cui abbiamo bisogno, con le buone, o...'' lascia la frase in sospeso tornando a far apparire sul suo candido viso un sorriso sghembo. ''Se è tutto, comincerei fin da subito'' termina aggrottando la fronte e inarcando il sopracciglio sinistro.

    EILANTIA (salottino) ''Non conta il mezzo, ma il fine...'' Sussurra lei completando la frase che lui lascia in sospeso. Un sorriso malizioso si disegna ora, mentre s'avvicina a lui per congedarlo ''Si. E' tutto. Ovviamente, qualsiasi missione dovesse giungerti dal Ductor avrà la precedenza, ma non credo che una cosa escluda l'altra...'' Posa anche lei il suo calice, ormai terminato, su uno scrittoio. Poi s'avvicina a poco più d'un soffio ''Hai notato quanto è sottile e resistente al contempo, il filo tessuto dai ragni? Invisibile allo sguardo, imprigiona un insetto cento volte più grosso. Tu sei come il ragno sulla tela. Ogni filo che tesserai ti legherà a qualcuno. Per interesse o per mangiarlo...questo sarai tu a valutarlo. Eppure, come hai detto prima, tra noi non occorre neanche quello.Siamo come quegli insetti che comunicano senza emettere suono. Niente fili...niente parole...due predatori che sanno riconoscersi e trovarsi. A discapito del tempo, della memoria, del passato...Perchè quando si ritrovano, vedono riflesso lo stesso Caos, l'uno negli occhi dell'altro...'' Se lui non si tirerà indietro, lascerà che le labbra morbide indugino su quelle algide di lui, per qualche istante, assaporando quell'intimità che non ha bisogno di altro che sfiorarsi. Poi, sempre a fior di labbra, sussurrerà ''Per il Ductor sei un adepto...ma per me sei il mio Campione. So che non mi deluderai...'' E resterà immobile, attendendo che lui replichi o meno, prima di sparire, com'è avvezzo fare, nell'oscurità del corridoio.

    LHAAR [salotto] Rimanendo ad una distanza irrisoria da Discordia, dopo averla lasciata libera di agire e di ottenere quell'effimero contatto, le risponde continuando a mantenere gli occhi immersi in quelli di lei, con tono ancora una volta basso: ''Possiamo controllare lo spazio ma non il tempo, per il momento continuerò a studiare come muovermi in quello spazio, per controllare quello spazio, nell'attesa di veder giungere il mio, di tempo... I Campioni sono sempre degli interrogativi, hanno sempre qualcosa da dimostrare per essere e rimanere tali. Io, un giorno forse, voglio essere concretezza e garanzia, quell'ineluttabile strumento che fa smettere ad un Campione di essere un Campione, l'unica via possibile oltre il dolore e la sofferenza, l'ultima. Mors'' si concede una brevissima pausa, potenzialmente enfatica e volutamente enigmatica ''...in te, Discordia'' si congeda dunque, muovendo qualche passo indietro, lentamente, e poi invertendo il fronte per portarsi lungo il corridoio che conduce alla porta della biblioteca.
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